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Fit for 55%: che cos’è il pacchetto di riforme per decarbonizzare l’Ue?

12 giugno 2022
Angela Sanchini

Passano in Commissione UE cinque degli otto testi del pacchetto di riforme Fit for 55% che si pone l’obiettivo di contribuire alla decarbonizzazione dell’Ue entro il 2030. Risulta approvato dal Parlamento Europeo lo stop alla produzione di auto a benzina, GPL o diesel dal 2035. Potranno circolare i veicoli acquistati in precedenza, ma tutti i nuovi veicoli dovranno essere elettrici. L’approvazione sarà sottoposta a ulteriori trattative e al passaggio tra Commissione e Parlamento e rappresentanti degli Stati.  In attesa di un approfondimento, vediamo i vari punti del pacchetto. Come attuare la decarbonizzazione in Ue?

Il Green Deal all’atto pratico…

L’obiettivo principale del Green Deal europeo è quello di rendere il Vecchio Continente carbon-neutral entro il 2050, attraverso alcune azioni chiave come decarbonizzazione, efficienza e riconversione.
Questo significa che, già a partire dai prossimi anni, occorrerà ridurre gli attuali livelli di emissioni di gas a effetto serra, in modo progressivo e/ma veloce. Per valutare la realizzabilità di questo complicato cammino, occorre in primis  notare che l’UE “ha innalzato la sua ambizione in materia di clima per il 2030, impegnandosi a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030”, come si legge nella pagina di presentazione del Piano dell’UE per una transizione verde, “Pronti per il 55%”.

La Commissione Europea ha presentato, poche settimane fa, il “Fit for 55%”, il Piano “Pronti per il 55%” per realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica: “è un momento topico per la risposta mondiale alle emergenze che minacciano il clima e la biodiversità e la nostra è l’ultima generazione che può intervenire in tempo”.

Il pacchetto di proposte che lo scorso 14 luglio la Commissione UE ha presentato mira a far sì che l’UE sia “pronta per il 55 %” e a realizzare i cambiamenti trasformativi necessari nella sfera economica, sociale e industriale; esso consta di varie proposte interconnesse, che insieme concretizzeranno le ambizioni europee, sintetizzate nella Comunicazione, che fornisce “una panoramica delle proposte e delle loro interazioni e illustra le misure strategiche prescelte, oltre a spiegare come si è trovato un equilibrio globale tra equità, riduzione delle emissioni e competitività e a descrivere le sinergie tra le diverse politiche”.

“Si tratta di una responsabilità collettiva e di un’opportunità che deve essere aperta a tutti: innovatori e investitori, imprese e città, consumatori, famiglie e singoli cittadini. Trarremo tutti giovamento dal maggiore spazio dato alla natura, dall’aria più pulita, da città più fresche e verdi, cittadini più sani, consumi energetici più contenuti e bollette più basse, nonché da nuovi posti di lavoro, tecnologie e opportunità industriali verranno condivisi da tutti. La sfida al centro della transizione verde dell’UE è capire come rendere tutti partecipi di tali benefici nel modo più rapido ed equo possibile, rafforzando al contempo la nostra competitività, creando posti di lavoro orientati al futuro e affrontando efficacemente i costi e le ripercussioni della transizione”.

L’approccio economico globale di Fit for 55%: la transizione competitiva
I cambiamenti trasformativi necessari alla sfera economica sociale ed industriale richiedono un approccio globale, per una trasformazione competitiva, equa e verde.

Partiamo dalla prima: transizione competitiva vuol dire, nelle intenzioni della Commissione, nuove opportunità grazie a cambiamenti industriali e settoriali. Vuol dire che è necessaria una trasformazione sistemica dell’economia. Questo approccio trova riscontro nelle proposte del pacchetto che interessano i settori dell’industria, dei trasporti, dell’edilizia e dell’energia: “politiche complementari mirate a livello dell’UE e nazionale imprimeranno un’accelerazione ai cambiamenti comportamentali, all’innovazione tecnologica e alle relative applicazioni, nonché allo sviluppo di nuove infrastrutture”. Come?

Ad esempio, continuando a far leva sugli “ottimi risultati conseguiti dal sistema per lo scambio di quote di emissioni dell’UE (EU ETS)” – un meccanismo ritenuto dalla Commissione valido in termini ambientali ed economici – e puntando, attraverso obiettivi chiari e la condivisione degli sforzi, di cui all’omonimo regolamento, ad “intervenire a livello nazionale per affrontare la questione delle emissioni dell’edilizia, dei trasporti, dell’agricoltura, dei rifiuti e della piccola industria”.

La proposta dovrebbe portare entro il 2030 a una riduzione del 40 % di tali emissioni rispetto al 2005. I principi per determinare lo sforzo relativo dei vari Stati membri restano immutati: si continuerà a tenere conto della loro diversa capacità d’intervento fissando obiettivi nazionali in base al PIL pro capite, con adeguamenti in considerazione delle circostanze nazionali e dell’efficienza sotto il profilo dei costi.

La transizione equa

Oltre ad essere competitiva, la transizione verso la neutralità climatica può dimostrarsi un’opportunità unica per ridurre le disuguaglianze sistemiche, e dimostrarsi equa.
Equa e solidale, per affrontare – ad esempio – la povertà energetica e le difficoltà di mobilità dei più vulnerabili, per stimolare l’innovazione e la crescita economica e creare occupazione grazie alle entrate generate dagli strumenti di fissazione del prezzo del carbonio.

Equa e solidale, ma non solo: non si tratta, infatti, secondo la Commissione, “solo di una questione di equità e solidarietà, ma di una più ampia necessità sociale di affrontare le disuguaglianze che esistevano prima del Green Deal europeo e che peggiorerebbero senza un’azione risoluta contro i cambiamenti climatici e verso l’inquinamento zero”.

Solidarietà è un principio fondante del Green Deal europeo, e si declina in vari modi: solidarietà tra generazioni, tra Stati membri, tra regioni, tra zone rurali e urbane e tra diverse componenti della società, solo per fare qualche esempio.

La transizione verde

Nell’ottica globale, infine, la transizione deve essere verde, offrire un gran numero di opportunità all’industria dell’UE, e d’esempio al resto del mondo in termini di sviluppo dei mercati per le tecnologie e i prodotti puliti e la creazione di posti di lavoro qualificati, sostenibili e locali nell’Unione (leggi questo approfondimento critico sul programma).

Per gli investimenti che il settore industriale dell’UE è pronto a sostenere, tuttavia, occorre prevedibilità: un quadro normativo coerente, il libero accesso alle infrastrutture e il sostegno all’innovazione.
Inoltre, la Commissione sottolinea che “la transizione dell’industria verso la neutralità climatica all’orizzonte del 2030 e oltre dev’essere uno sforzo collettivo e inclusivo, pianificato di concerto con gli ecosistemi industriali.

La strategia industriale aggiornata annunciava che sarebbero stati tracciati percorsi di transizione, in collaborazione con le parti sociali e gli altri portatori di interessi, per individuare il modo migliore di accelerare la duplice transizione e trarne vantaggio, tenendo conto della portata, della velocità e delle condizioni del processo in ciascun ecosistema”.

Tratto da https://www.teknoring.com/

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