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Il Parlamento europeo ha approvato la Direttiva Case Green EPBD

13 marzo 2024
Angela Sanchini

Nella sessione plenaria del 12 marzo 2024 e dopo un anno di trattative il Parlamento europeo con 370 voti favorevoli, 199 contrari e 56 astenuti ha approvato la direttiva europea Case green (Energy performance of building directive, Epbd).

Si attende ora solo l’approvazione formale del Consiglio e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per l’entrata in vigore.

La direttiva Case green  fa parte del pacchetto di riforme Fit for 55 e mira a ridurre le emissioni nocive dell’Unione Europea per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero entro il 2050 attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio europeo e il miglioramento dell’efficienza energetica.

Nei diversi negoziati tra il Consiglio dell’Unione Europea, il Parlamento Europeo e la Commissione Europea, la direttiva case green ha subito una serie di modifiche che contemplano obiettivi intermedi meno stringenti, termini più estesi e un quadro normativo meno restrittivo rispetto alla versione precedentemente approvata dal Parlamento Europeo a marzo.

Il compromesso sui target della direttiva EPBD prevede la possibilità per i Paesi membri di richiedere deroghe sugli edifici alla Commissione europea.

Inoltre, l’efficienza energetica degli edifici non sarà più valutata tramite la certificazione energetica, bensì attraverso obiettivi medi che varieranno a seconda del Paese. Questi obiettivi medi saranno definiti in base al patrimonio edilizio, al sistema nazionale di classificazione energetica e alle strategie di ristrutturazione adottate da ciascun Paese.

I macro-obiettivi

L’obiettivo delle politiche energetiche degli stai membri è raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.

Ogni Stato membro dovrà adottare un piano nazionale che preveda la riduzione progressiva del consumo di energia degli edifici residenziali; ogni paese potrà stabilire autonomamente su quali edifici concentrarsi.

Complessivamente, il 55% della riduzione dei consumi energetici deve essere ottenuto tramite la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni inferiori.

Entro il 2030, le ristrutturazioni dovranno coinvolgere il 15% degli immobili non residenziali e, entro il 2033, il 26% degli edifici di classe energetica più bassa.

Secondo le definizioni della direttiva, il 43% degli immobili meno efficienti dovrà essere riqualificato dal punto di vista energetico.

In Italia, secondo i dati Istat, vi sono circa 12 milioni di edifici residenziali. Pertanto, sarà prioritario intervenire sui circa 5 milioni di edifici con le prestazioni più scadenti, ognuno dei quali composto da una o più unità immobiliari.

Edifici residenziali

Rispetto alla prima bozza presentata lo scorso 14 marzo, l’attuale scenario richiede comunque ad ogni Stato membro dell’Unione Europea di impegnarsi nell’implementazione di un nuovo piano di riqualificazione degli edifici, adottando misure mirate a garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata dagli edifici residenziali pari:

  • al 16% entro il 2030;
  • al 20-22% entro il 2035.

Edifici non residenziali

Entro il 2030, dovrà essere prevista la ristrutturazione degli edifici non residenziali con le prestazioni energetiche più basse nella misura del:

  • 16% entro il 2030;
  • 26% entro il 2033.

Obiettivo di zero emissioni (ZEmB – zero emission buildings)

Dovranno essere a emissioni zero:

  • dal 2028 tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione;
  • dal 2030 anche le nuove costruzioni residenziali private.

Impianti fotovoltaici

Gli Stati membri dovranno garantire che i nuovi edifici siano “solar-ready”, ovvero idonei a ospitare impianti fotovoltaici o solari termici sui tetti. L’installazione di impianti di energia solare diventerà la norma per i nuovi edifici.

Per gli edifici pubblici e non residenziali esistenti l’energia solare dovrà essere installata gradualmente, a partire dal 2027, laddove ciò sia tecnicamente, economicamente e funzionalmente fattibile. Tali disposizioni entreranno in vigore in momenti diversi a seconda della tipologia e delle dimensioni dell’edificio.

Gli Stati membri saranno tenuti ad installare impianti solari secondo il seguente calendario:

  • entro il 31 dicembre 2026, su tutti i nuovi edifici pubblici e non residenziali con una superficie utile superiore a 250 m²,
  • entro il 31 dicembre 2027, su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 2000 m²;
  • entro il 31 dicembre 2028, su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 750 m²;
  • entro il 31 dicembre 2030, su tutti gli edifici pubblici esistenti con una superficie utile superiore a 250 m²;
  • entro il 2027, su tutti gli edifici non residenziali esistenti con una superficie utile superiore a 500 m² in cui l’edificio subisce un intervento che richiede un permesso amministrativo rilevante;
  • entro il 31 dicembre 2029, su tutti i nuovi edifici residenziali e su tutti i nuovi parcheggi coperti adiacenti fisicamente agli edifici.

Caldaie a combustibili fossili

Anche sull’impiego delle caldaie alimentate da combustibili fossili, la direttiva propone una strategia graduale invitando gli Stati membri a formulare misure specifiche per facilitare questa transizione nel settore del riscaldamento e del raffreddamento.

A partire dal 1° gennaio 2025, dovranno essere sospesi i sussidi per l’installazione di caldaie autonome che funzionano con combustibili fossili.

Agli Stati membri spetta elaborare piani dettagliati per l’eliminazione graduale dell’uso dei combustibili fossili nel settore del riscaldamento e del raffreddamento, con l’obiettivo finale di eliminare completamente le caldaie alimentate da tali combustibili entro il 2040.

Gli immobili esclusi

Sono esclusi dagli obblighi previsti dalla nuova Direttiva EPBD i seguenti immobili:

  • edifici vincolati e protetti;
  • immobili storici;
  • edifici temporanei;
  • chiese;
  • abitazioni indipendenti con superficie < 50 mq;
  • case vacanza, ovvero le seconde case occupate per meno di 4 mesi/anno;
  • prevista anche la possibilità di esentare l’edilizia sociale pubblica, qualora i lavori di riqualificazione farebbero aumentare gli affitti in modo sproporzionato, rispetto al risparmio conseguibili nelle bollette energetiche.

Massimo sostegno alle ristrutturazioni importanti

Il termine di “ristrutturazione importante” fa riferimento ad un intervento di ristrutturazione a fasi che converta progressivamente edifici energivori in edifici a emissioni 0.

Gli Stati membri devono definire una “ristrutturazione importante” in termini di percentuale della superficie dell’involucro dell’edificio oppure in termini di valore dell’edificio. Se uno Stato membro decide di definire una ristrutturazione importante in termini di valore dell’edificio, si potrebbero utilizzare valori quali il valore attuariale o il valore attuale in base al costo di ricostruzione, escluso il valore del terreno sul quale l’edificio è situato.

La ristrutturazione importante costituisce un’occasione per migliorare la prestazione energetica mediante misure efficaci sotto il profilo dei costi. Per motivi di efficacia in termini di costi dovrebbe essere possibile limitare i requisiti minimi di prestazione energetica alle parti ristrutturate che risultano più rilevanti per la prestazione energetica dell’edificio.

Smart readiness degli edifici

Ci sarà un nuovo regime comune facoltativo dell’Unione, un indicatore e una metodologia per il calcolo dello per valutare la Smart readiness degli edifici, ovvero la loro predisposizione e capacità a utilizzare le tecnologie intelligenti per adattare il loro funzionamento alle esigenze dell’occupante, in particolare per quanto riguarda la qualità ambientale interna e il comfort termico.

Il lavoro in ambito Ue sullo Smart Readiness Indicator (SRI) – l’indicatore per valutare la predisposizione all’intelligenza degli edifici – è iniziato dal 2017 con la creazione di un consorzio di ricerca e il coinvolgimento di importanti Istituti di ricerca

Gli ambiti applicativi dell’SRI sono essenzialmente:

  • il comfort, ovvero la capacità di modificare le prestazioni dell’edificio in relazione alle esigenze degli occupanti in modo sostanzialmente automatico, assicurando il mantenimento di condizioni microclimatiche interne ideali;
  •  l’efficienza energetica, ovvero la capacità di gestire in modo automatizzato gli impianti di un edificio mirando al contenimento dei consumi, attraverso il loro costante monitoraggio e la massimizzazione dell’utilizzo di energia prodotta da fonti rinnovabili;
  • la flessibilità, ovvero la capacità di un edificio di operare in un’ottica di “demand response”, ovvero di adattare la quantità di energia consumata alle reali esigenze, sfruttando al riguardo anche gli input provenienti dalla rete elettrica (per esempio modulandoli sulle diverse fasce orarie);
  • l’interoperabilità, ovvero la capacità di mettere a sistema tutti gli impianti di edificio attraverso sistemi BACS avanzati in grado di gestire in modo intelligente il funzionamento complessivo dell’edifico, adattandolo agli input che provengono dall’esterno o dal suo utilizzo (nello specifico, impianti di climatizzazione, illuminazione, automazione, ventilazione, ma anche elettrodomestici e apparecchiature elettroniche connesse, ovvero tutto l’universo dell’IoT);
  • la connettività, ovvero l’essere connesso in modo efficace ed efficiente alla rete di comunicazioni e quindi all’esterno, ma anche disporre di una adeguata infrastruttura d’edificio abilitante all’adozione di qualsiasi servizio innovativo.

Mobilità sostenibile

Gli edifici non residenziali con più di cinque posti auto – di nuova costruzione o sottoposti ad una ristrutturazione importante – dovranno garantire:

  • l’installazione di almeno un punto di ricarica per ogni cinque posti auto;
  • l’installazione di pre-cablaggio per almeno il 50% dei posti auto e condotti, cioè condotti per cavi elettrici, per i restanti posti auto, per consentire l’installazione in un secondo momento di punti di ricarica per veicoli elettrici, cicli assistiti elettricamente e altri tipi di veicoli di categoria L;
  • spazi per il parcheggio delle biciclette che rappresentano almeno il 15% della capacità media o il 10% della capacità totale degli utenti degli edifici non residenziali, tenendo conto dello spazio richiesto anche per le biciclette di dimensioni maggiori rispetto alle biciclette standard;

Tutti gli edifici non residenziali con più di venti posti auto devono garantire entro il 1° gennaio 2027 l’installazione di almeno un punto di ricarica per ogni dieci posti auto.

Nel caso di edifici di proprietà o occupati da enti pubblici, gli Stati membri devono garantire il pre-cablaggio per almeno uno su due posti auto entro il 1° gennaio 2033.

Gli edifici residenziali con più di tre posti auto – di nuova costruzione o sottoposti ad una ristrutturazione importante – devono garantire:

  • l’installazione di pre-cablaggio per almeno il 50% dei posti auto e condotti, cioè condotti per cavi elettrici, per i restanti posti auto per consentire l’installazione, in un secondo momento, di punti di ricarica per veicoli elettrici, cicli assistiti elettricamente e altri tipi di veicoli di categoria L;
  • l’installazione di almeno un punto di ricarica per i nuovi edifici residenziali,
  • almeno due spazi per il parcheggio delle biciclette per ogni unità abitativa.

Tratto da newslette Biblus 

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